La cucina tradizionale romana si basa su pranzi rurali e caserecci dove le ricette sono spesso tramandate di generazione in generazione.
Gli elementi principali usati fin dall’antichità nella cucina romana sono sempre stati quelli di una terra fertile e prosperosa che regalava prodotti genuini e di prima scelta come legumi, patate e broccoli.
Nei giorni di festa invece, era d’obbligo il famoso abbacchio romano che sempre compariva sulla tavola dei contadini ma anche su quella dei nobili e degli aristocratici.
L’abbacchio era fornito da quei pastori romani che tanto ci tenevano a sottolineare la tenerezza delle carni dei loro animali ed il tutto era condito con dell’ottimo olio laziale di cui i romani sono sempre andati fieri come il burro che pur essendo di qualità superiore, non proveniva dai caseifici romani bensì dall’Umbria e proprio per questo, prese la denominazione di “burro norcino”.
I cuochi delle antiche osterie o le massaie erano solite usare per ingrassare le loro pietanze, lo strutto nostrano proveniente dai maiali che venivano venduti da dopo la Santa Pasqua, fino al mese di Novembre.
I romani: amanti della cucina povera.
L’arte culinaria romana era basata su di una cucina povera, una cucina fornita di quegli elementi che di solito andrebbero gettati via ma i romani amavano utilizzare tutto ciò che era commestibile, a partire dalle interiora degli animali.
Proprio per questa convinzione, nacque il quinto quarto cioè una gustosa pietanza realizzata dopo che i pezzi più pregiati di un animale bovino od ovino, venivano venduti ai ricchi signorotti dei castelli.
In pratica, rimanevano dei suddetti animali, i due quarti anteriori ed i due quarti superiori.
Per preparare pietanze con questi particolari pezzi venivano utilizzate tutte quelle parti commestibili tipo la trippa chiamata dagli osti cuffia, le animelle cioè il pancreas, il fegato e le ghiandole salivari e i rognoni ossia i reni delle bestie.
Questi ultimi venivano tenuti a scaricare in acqua acidulata con il limone per qualche ora prima di essere adoperati.
La cucina del quinto quarto: cibo plebeo, oggi riabilitato
Tipica del quartiere Testaccio,la cucina del quinto quarto sorgeva in prossimità del mattatoio ed era chiaramente realizzata con gli scarti della macellazione da cui si ricavavano attraverso sapienti preparazioni, piatti poveri ma di unica prelibatezza come la pajata cioè le budella di vitello o la coda alla vaccinara, piatto altrettanto povero ma molto saporito.
Oggi queste portate un tempo considerate plebee, sono state ampiamente riabilitate e i ristorantini tipici e le caratteristiche osterie, li propongono ai loro clienti che sembrano apprezzarli moltissimo.
Più raffinata e prelibata la cucina del Ghetto che propone specialità fritte e dolcezze di pasticceria.
In connubio con la simpatia dei romani, troviamo la tipica cucina del Ghetto che ancora oggi vanta nel centro storico, numerose trattorie che realizzavano piatti nati prima in ambito strettamente familiare e poi riproposti come gastronomia gustosa e particolare.
Nel ghetto storico della città eterna, troviamo piccole comunità ebraiche che frequentano tipiche osterie che oggi come allora, propongono specialità gastronomiche variegate.
La presenza ebraica a Roma infatti, ha origini molto antiche che ricordano la presenza di queste persone, già sulle fiorenti rive del Tevere.
Da allora la storia di queste comunità si è intrecciata con le usanze e le tradizioni romane.
Si tratta di una cucina semplicissima ma che raccoglie una serie di elementi che la rendono gustosa e pregevole.
Sono pietanze molto apprezzate come i fiori di zucca farciti con dell’ ottima mozzarella, le alici indorate e fritte, i filetti di baccalà o i carciofi alla giudia.
Non dimentichiamo di menzionare dei primi piatti succulenti come i rinomati bucatini all’amatriciana o le fettuccine col sugo di carne o il pomodoro fresco in cui i romani amano dopo aver gustato la pasta, fare la cosiddetta “scarpetta” con il tipico pane a forma di treccia.
E dulcis in fundo, non può mancare la dolcissima torta di ricotta romana, tipico formaggio proveniente dalle campagne laziali romane e pontine dove greggi che pascolano liberamente, producono latte in abbondanza da cui deriva questo gustoso formaggio fresco.
La torta realizzata con pasta frolla, marmellata e ricotta romana, mette in risalto ciascuno degli ingredienti grazie al contrasto del sapore ben deciso di ognuno di essi.